Ercole, era piccolo, minuto, occhi azzurri, mani agili e curate nonostante il mestiere, un'intera vita, la sua, passata ad accatastare mobili. Per Ercole i suoi mobili, eleganti o ordinari che fossero, erano tutti uguali, "preziosi" meritevoli allo stesso modo di una carezza che li rendesse nuovamente lucidi, splendenti, come lo erano stati in gioventù, quando fieri e baldanzosi, facevano bella mostra di sè nelle case. Quello che per gli altri diventava inutile, da buttare, per lui rappresentava un tesoro, nonché il suo sostentamento.
Intorno ad Ercole però tutto ruotava vorticosamente, piano ~ piano la campagna cedeva il posto a palazzi, negozi - e l'errore di classificare come vecchie le cose con una loro storia da narrare... - la gente non si fermava quasi più. Alla fine, era rimasto solo lui, con i suoi due capannoni e il grande cortile all'aperto. Un giorno ero andata a trovarlo, ma al loro posto ho trovato un ristorante, ogni volta che passo lì, ripenso a Lui, a quanto mi piaceva immergermi tra quei mobili, vecchi, logori, annusarne l'odore, unico... di vita vissuta.
A casa ho una grande sedia in legno con la seduta di paglia intrecciata, ed una vecchia macchina singer che utilizzo come tavolino acquistate da Ercole, sono all'ingresso, appeno entro... e mi piace pensare che lui sia lì, a darmi il benvenuto.
E' l'angolo di casa che preferisco, spesso mi siedo su quella sedia a leggere, scrivere... e allora, quando mia figlia mi vede, arriva anche lei, e ci stringiamo in due, oppure porta la sua seggiolina, un libro, i colori e un quadernino, dove scrive tutta seria delle storie accipicchia... "deliranti", un giorno di questi, forse, ne pubblico una.
E trovo bellissimo tutto questo,
trovarmi lì, tra quei vecchi mobili, con Lei.
photo by ~ Adolfo Kaminsky ~